sabato 19 ottobre 2013

LETTERA MISSIONARIA AGLI AMICI

MURI  ED  INFERRIATE


Muri alti, portoni di ferro ed inferriate…. che proteggono e separano...ma soprattutto che nascondono e “filtrano”... lungo le strade polverose della periferia in cui vivo. Sembra vivere nell’anonimato: non ci sono i nomi delle strade né quello delle famiglie sulle porte. Nessuna abitazione risalta particolarmente, se non i negozi che vendono, naturalmente, con le inferriate chiuse... mentre da vicoli  impensabili, escono container, camion ed automobili 4x4 ultimo modello.
Da una certa ora le strade sono vuote,  i mezzi publici e le moto-taxi (numerosssime in questa zona), diminuiscono: meglio non rischiare troppo, il livello di delinquenza é alto e costante.
Ma basta varcare la soglia di queste mura ed incontri dei “veri propri mondi nascosti”.
Incontri famiglie che, con qualche pannello di compensato, molti pezzi di lamiera ed amianto e, naturalmente, tra gli immancabili fili elettrici penzolanti, hanno creato una abitazione ... da anni provvisoria.
Poi ci sono molti laboratori e piccole fabbriche, la maggioranza sono clandestine, nelle altre invece si respira un clima di  “legalitá dai 1000 cammini” (= si escogita di tutto pur di far passare come legale, ció che non lo é...)
Incontri tanta gente, molti sono giovani, giá padri e madri, costretti a lavorare ore assurde ed in condizioni disumane pur di mantenere una vita “comunque non degna”.
Ma sopratutto incontri una ricchezza umana ... tanti i gesti semplici nei miei confronti, ma pieni di vicinanza ed accoglienza. 
Prima che vi lasciate scappare la frase – che mi é giá stata rivolta: “ma in che razza di posto vivi”?... vi invito a usare un altro criterio, quello proposto da Papa Francesco:  “La realtá si capisce meglio dalla periferia”. Ed allora il pensiero va ad altri muri ... ad altre inferriate... ad altre strade polverose... forse meno evidenti ma non per questo meno dannosi.
Penso agli scribi e ai farisei – di ieri e di oggi – (“i cristiani di buone maniere ma con brutte abitudini”) che continuano a mettere, piu o meno consapevolemente, dei paletti e molti filtri a chi  certi requisiti non ha...
Penso alla “sindrome della tribú” – come ho sentito qua durante una omelia – . Non si tratta di “una malattia” che riguarda solo le popolazioni indigene, ma anche noi che viviamo spesso installati in un circolo di relazioni familiari, sociali, politiche o religiose, badando ai nostri interessi e lasciando ben a distanza chi appartiene ad un “altra tribú” o chi niente puó apportare ai nostri benefici...
Penso ai signori dell’auto blu e camicia bianca che, non sai come... (anche dall’altra parte del mondo ne conoscono le misfatte...), comunque rimangono i signori con la camicia bianca e l’auto blu...
Penso all’anonimato che si chiama indifferenza o paura ad esporsi, sfidando abitudini o pregiudizi,   per far qualcosa di buono nella vita e per gli altri...
E riscopri i gesti di Gesú... semplici e concreti, che avvicinano, aprono cammini nuovi, liberano, costruiscono relazioni, .... capaci quindi di “passare i muri sia esteriori che interiori”, che sempre bloccano e disumanizzano sia me che te...
Non scappiamo di fronte ai muri e alla inferriate che ci circondano e non chiudiamo gli occhi: ma “Accosta di piú il tuo orecchio alla terra, trattieni il fiato, libera le tue antenne interiori: il Maestro cammina lí vicino” (Helder Camara).
                                                                  Hermana  Paola